In inglese il verbo “to stand” significa stare in piedi, ma “to stand with” o “to stand for” significa anche appoggiare qualcuno o qualcosa, sostenere un’idea o una persona.
Questo duplice significato si adatta molto bene a quelle scene cinematografiche dove l’atto fisico di alzarsi in piedi significa rispetto e comunanza di idee, empatia e solidarietà.
L’attimo fuggente (Dead Poets Society, Peter Weir, 1989)
In uno dei finali più commoventi e coinvolgenti di sempre, alcuni allievi del professor Keating (non tutti, solo quelli che hanno avuto l’animo e la mente toccati dal suo insegnamento, e hanno avuto il coraggio di staccarsi dal gregge) gli rendono un indimenticabile tributo, salendo sui banchi per dimostrargli di avere compreso la sua esortazione a guardare le cose da angolazioni diverse.
Un paio di commenti:
– Credo sia uno dei pochi esempi in cui il titolo italiano è decisamente migliore dell’originale.
– Uno dei protagonisti, Neil Perry, lo sfortunato adolescente che si suicida dopo un contrasto con l’autoritario padre, fu interpretato da Robert Sean Leonard. L’attore non riuscì più a replicare sul grande schermo il successo ottenuto con questo film, ma divenne noto al grande pubblico per interpretare il dottor James Wilson, amico e collega del problematico dottor House nell’omonima serie televisiva.
Il buio oltre la siepe (To Kill a Mockingbird, Robert Mulligan, 1962)
Tratto dall’omonimo romanzo di Harper Lee, la voce narrante di questo bel film, “liberal” a tutto tondo, è dalla protagonista Jean Louise Finch, detta “Scout”. Ormai adulta, Scout rievoca le drammatiche vicende in cui lei e la sua famiglia vennero coinvolti quando era ancora bambina.
Un giorno il giudice Taylor si reca dall’avvocato Atticus Finch, padre di Scout, perché assuma la difesa di Tom Robinson, un nero accusato di avere violentato una ragazza bianca figlia di un agricoltore. L’avvocato Finch riesce a dimostrare che il giovane Tom è innocente, e che è invece il padre stesso della ragazza (già noto a tutti per essere un violento ed un alcolizzato) il vero responsabile. Tuttavia il clima è così intriso di razzismo e odio, che Tom viene condannato comunque (morirà in seguito, durante un tentativo di evasione).
Alla fine dell’iniquo processo, l’avvocato Finch (un grande Gregory Peck, premiato con l’Oscar), sconfitto e sconfortato, lascia l’aula ormai deserta, dove “ingiustizia è stata fatta”. Lentamente, uno ad uno, tutti i neri che hanno assistito al processo dalla balconata (non potevano sedere coi bianchi), si alzano per tributargli il rispetto che merita per essersi coraggiosamente battuto contro i pregiudizi e l’odio razziale. Uno dei lavoranti neri sussurra alla piccola Scout, che ha assistito anche lei dalla balconata: “Miss Jean Louise, si alzi. Sta passando suo padre.”
Gandhi (Richard Attenborough, 1982)
Più che interpretare il personaggio, Ben Kingsley vi si identificò. Il film dominò l’edizione degli Oscar dell’anno successivo, aggiudicandosi ben otto statuette.
La vicenda del Mahatma e del suo tempo è narrata con attendibilità storica e commossa partecipazione.
Il 18 marzo 1922 si aprì quello che venne definito “il grande processo” contro Gandhi. In quella circostanza, il giudice britannico Robert Broomfield, che ammirava e rispettava Gandhi, fu costretto suo malgrado ad applicare la legge e condannarlo a sei anni di reclusione. Gandhi, che era diventato avvocato a Londra, riconobbe a Broomfield la sua equità: “Per quanto riguarda la sentenza, ritengo che certamente sia la più leggera che come giudice potesse concedermi. Quanto al procedimento nel suo insieme, non avrei potuto aspettarmi maggiore cortesia.”
Nel film l’episodio è ricordato fedelmente. Il giudice Broomfield (Trevor Howard) si alza all’ingresso dell’imputato, in segno di rispetto. Poichè si alza lui, tutti i presenti si devono alzare, come vuole la legge britannica, e il risultato è una sorta di silenziosa “standing ovation” per Gandhi.
Una curiosità: per la sequenza dei funerali di Gandhi furono ingaggiate ben 350 mila comparse, il maggior numero di sempre nella storia del cinema, almeno fino ad oggi.
Spartacus (Stanley Kubrick, 1960)
Il film, che traeva spunto da una vicenda autentica, diventò uno dei “kolossal” storici più famosi di tutti i tempi, insieme a “Ben Hur”.
Verso la fine, le truppe ribelli comandate da Spartaco vengono sconfitte dall’esercito romano. I prigionieri sanno che la loro sorte è ormai segnata, tuttavia il comandante Crasso promette loro salva la vita se consegneranno Spartaco. Questi si alza per auto-denunciarsi, ma – ormai uomini liberi nello spirito – tutti i suoi compagni si alzano con lui per dichiararsi Spartaco.
Su questo film ci sarebbe moltissimo da dire. Basti una curiosità: la pellicola provocò reazioni discordi; venne molto applaudita, ma anche bollata come “socialmente pericolosa” da diversi gruppi anti-comunisti. Questo tipo di ostracismo cessò solo quando il neo-eletto presidente John F. Kennedy attraversò un picchetto anti-comunista per andare a vedere il film.
30 gennaio 2017
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