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Quando ero alle elementari la tv trasmetteva la pubblicità di un formaggino, non ricordo quale. Lo slogan era declamato da una bimbetta che esclamava, convinta: “Buono, buonissimo! Molto buonissimo!” Ricordo con affetto la mia maestra di allora, che ci invitò a più riprese a non dare retta alla tv, che dire “molto buonissimo” era sbagliato, etc. etc.

Mi domando  se le maestre e maestri di oggi esorteranno i loro alunni allo stesso modo riguardo all’ultima pubblicità della Smart, o piuttosto non useranno anche loro con disinvoltura “escila” come se fosse cosa normale.

I tempi sono cambiati, e dalla pubblicità e da altre fonti abbiamo dovuto subire nel corso degli anni gli svarioni grammaticali più atroci. L’ultima trovata della Smart (o meglio, dell’agenzia Dlvbbdo che ne cura la pubblicità) è di utilizzare un clamoroso errore grammaticale ormai usato con allarmante frequenza per dare – ritengo – una svecchiata ai soliti slogan, insomma ringiovanire simpaticamente il rigore linguistico, sempre più in calo ma al quale siamo ancora tanto, troppo legati. L’utilizzo dell’hashtag dovrebbe – immagino – conferire una patina di omologazione “social” intesa a reprimere in anticipo qualunque obiezione: se c’è l’hashtag, beh allora il termine è moderno, corrente, “sdoganato” (come si ama dire da un po’ per giustificare qualunque volgarità o errore grammaticale). Se lo critichi, se rilevi l’errore, sei vecchio, arretrato, fuori moda, non sei “social”.

I poster della Smart sono ovunque. La campagna radiofonica associa il raccappricciante “Escila!” ad un coro da stadio (luogo dove presumibilmente si ritiene che gli errori grammaticali siano di casa, chissà perché). Non ho idea se vi sia anche la campagna televisiva perché è da un po’ che non guardo la tv.
Condivido qualche flash che questo motto (che personalmente mi fa torcere i visceri) mi ha ricordato.

“Scendilo al cane che lo piscio!” 
E’ stato mio marito a sentire questa frase, gridata da un anziano signore che dal portone di casa si rivolgeva alla moglie affacciata al balcone. Evidentemente il citofono non funzionava, o l’urgenza del caso richiedeva una comunicazione più rapida e diretta.
Devo dire che in quel caso la frase mi fece sorridere: anzi, in qualche modo ammirai la  stringatezza, il senso di perentorietà che l’errato utilizzo dei verbi riusciva a infondere. Pensatela in forma corretta! “Fai scendere il cane che lo porto a fare i suoi bisogni”. Non c’è paragone.

“Se prendo 10.000 Mi piace le esco”
Tempo fa mi trovai sulla bacheca Facebook, proveniente non ricordo da chi o da dove, la foto di una ragazzotta dallo sguardo vacuo, non bella ma con l’ovvia freschezza della gioventù, e soprattutto dotata di un seno enorme, prorompente, contenuto a fatica da una maglietta attillatissima.
Queste specie di catene di sant’Antonio (“se prendo 10.000 Mi piace smetto di fumare”, “se prendo 20.000 Mi piace il papà mi porta a Disneyworld”, etc.) normalmente mi infastidiscono. In quel caso però non potei fare a meno di notare e apprezzare la pianificazione: in fondo la ragazzotta offriva qualcosa in cambio del voto! E se è vero come disse Andy Warhol che nel futuro tutti saranno famosi per 15 minuti, spero che la tettona avrà avuto i suoi.

I termini “sdoganati”
Da Berlusconi che definì l’Italia un “paese di merda”, ai “Vaffaday” di Grillo, alla “élite di merda” di Brunetta, e alle altre innumerevoli volgarità che ormai si sentono quotidianamente dai politici (di tutti i partiti! sia chiaro), dai presentatori, da figure pubbliche che dovrebbero dettare il tono e la moderazione del dibattito pubblico: ormai la scusa è che si tratta di termini “sdoganati”. E in effetti, se termini volgari e offensivi vengono usati da figure che dovrebbero essere di riferimento, non vi è dubbio che chiunque si senta autorizzato a usarle a sua volta, senza imbarazzo. Non ricordo quale giornalista scrisse a tale riguardo di “liquefazione delle strutture culturali profonde”, frase che mi rimase impressa perché rifletteva esattamente il mio pensiero.

Evidentemente uno slogan scorretto ma sostanzialmente innocuo come “Escila!” non è certo una volgarità: è la sua omologazione, il suo “sdoganamento” in un contesto pubblico e diffuso come una pubblicità commerciale che lo rendono insidioso (ecco perché le citazioni di cui sopra). Del resto, la pubblicità propone modelli e stili enormemente più pericolosi e potenzialmente devastanti, in confronto ai quali un “Escila!” qualsiasi è forse l’esternazione più banale.

Luisa Fezzardini, 18 marzo 2017