Secondo Freud, sognare di salire le scale è una metafora dell’atto sessuale. Nel linguaggio cinematografico non vi è una lettura così netta e precisa. Se fatte in salita, le scale possono essere il simbolo di una conquista, ma anche di una immane fatica. Le scale possono nascondere terrore e mistero, specie se conducono in luoghi bui o sotterranei, e essere teatro di scene altamente drammatiche. Ma le scale, o meglio le scalinate, ospitano anche le passerelle di diversi musical e dei loro protagonisti…
Gli Intoccabili (The Untouchables, Brian De Palma, 1987)
Fin troppo ovvio accostare questa scena alla famosa sequenza della carrozzina ne “La corazzata Potëmkin”. In effetti, è un esplicito omaggio di De Palma al film russo del 1925, compresi i due marinai che si trovano in mezzo al fuoco incrociato.
La scena è stata girata alla Union Station di Chicago. E’ talmente ben diretta e montata, che può essere vista separatamente dal film, tanto i ruoli (“buoni” vs “cattivi”) sono definiti, e il contesto drammatico palese.
Sono incline a pensare che un altro regista si sarebbe concentrato più rapidamente sulla parte di azione violenta, ma non De Palma: i cinque minuti preliminari, con Elliott Ness (Kevin Costner) e George Stone (Andy Garcia) che prendono posizione e attendono apparentemente invano, le inquadrature dei viaggiatori che vanno e vengono, tutto è magistralmente studiato per preparare i tre minuti di violenza che seguono – anche quelli girati in un rallentatore che dilata la tensione e diventa quasi insostenibile per lo spettatore.
De Palma è stato spesso accusato di girare scene violente. Rimando al punto successivo su “La corazzata Potëmkin” per un raffronto.
La corazzata Potëmkin (Bronenosec Potëmkin, Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, 1925)
Nella cultura di massa, questo film è indissolubilmente legato a Fantozzi, e al commento che ne diede dopo anni che era costretto a vederlo al cineforum aziendale.
Come tutti, ho riso anch’io dell’episodio, ma questo non deve farci dimenticare il valore e il significato di una pellicola che ha rappresentato uno spartiacque nella storia del cinema.
Nelle intenzioni iniziali, questo film avrebbe dovuto fare parte di un ciclo più esteso, inteso a celebrare il ventesimo anniversario dalla rivolta russa del 1905.
Per una serie di motivi, principalmente logistici e organizzativi, il piano si ridusse a quest’unica pellicola, che Ėjzenštejn stesso dichiarò essergli stata ispirata dal fascino che la scalinata di Odessa esercitò su di lui.
Ci sarebbe moltissimo da dire su questo film, ma dato che si parla di scalinate, soffermiamoci sulla arci-nota sequenza, ovvero “la strage, ad opera dei soldati, della popolazione di Odessa che solidarizzava con i marinai del Potëmkin sulla scalinata. Questi scendono i gradini secondo una marcia ritmata. Davanti a loro … la folla terrorizzata cerca di mettersi in salvo fuggendo da tutte le parti. La sequenza si chiude con la celebre caduta della carrozzina lungo la scalinata, spinta dalla madre morente colpita dalla scarica dei fucili. La scena è diventata talmente popolare che la scalinata oramai viene generalmente chiamata Scalinata Potëmkin.” (da Wikipedia)
Nel film Ėjzenštejn adottò i suoi già consolidati approcci del “Cine-pugno”, senza timore di sconvolgere lo spettatore con immagini estremamente cruente, e del “montaggio delle attrazioni”: quest’ultimo consiste nel non concludere mai una scena, ma accumulare una violenza dopo l’altra, creando nello spettatore il senso di smarrimento, confusione e panico che lo fanno sentire partecipe degli eventi.
La donna che visse due volte (Vertigo, Alfred Hitchcock, 1958)
Una affascinante storia di amore e di morte, cupa e angosciante. Il protagonista Scottie (James Stewart), che a causa di un recente trauma soffre di vertigini, non riesce ad evitare il suicidio (apparente) dell’adorata Madeleine, interpretata da una fulgida Kim Novak.
Un film incentrato sul tema del doppio, e con molti leit-motiv che ricorrono (le spirali, il colore verde, i ritratti…).
Rocky (John J. Alvidsen, 1976)
Un film realizzato in meno di un mese, con un budget di un milione di dollari, e un protagonista sconosciuto, che sbancò il botteghino, vinse tre Oscar, e proiettò Sylvester Stallone (che scrisse la sceneggiatura) nello star-system di Hollywood.
Fu il primo film nel quale venne fatto uso della steadicam, il che consentì di realizzare diverse scene con un dinamismo che il basso budget non avrebbe altrimenti reso possibile.
La famosa scena della scalinata che porta al Philadelphia Museum of Art è entrata nella storia del cinema. E’ bene ricordare che è una scena che compare due volte: la prima, quando Rocky inizia ad allenarsi, e a stento arriva in cima, fuori forma e quasi zoppicando. Ma una volta motivato e ben allenato, la scalata è facile, ed accompagnata dalla vittoriosa musica di Bill Conti trasmette successo e ottimismo.
Una piccola curiosità: tutto il mondo è paese, e se noi abbiamo i finti gladiatori a Roma, a Philadelphia un intraprendente privato offre la colonna sonora del film alla modica cifra di cinque dollari, per i turisti che vogliono farsi fare un video mentre replicano la scena.
La fiamma del peccato (Double Indemnity, Billy Wilder, 1944)
Prima di morire, l’agente assicurativo Walter Neff (Fred McMurray) riesce a registrare la sua confessione: “L’ho fatto per i soldi, e per una donna. E non ho avuto i soldi! E non ho avuto la donna!”
La donna in questione è Barbara Stanwyck, “femme fatale” in tutti i sensi, che in questa scena domina Fred McMurray dall’alto di quella che lui chiama “una stupida scala”.
Poche battute, uno sguardo, e per lui è già troppo tardi: la bionda e conturbante Phyllis l’ha stregato, con il suo braccialetto col nome allacciato alla caviglia, e il suo fascino da autentica “dark lady”.
La scala a chiocciola (The Spiral Staircase, Robert Siodmak, 1946)
La trama non è un granché, ma l’atmosfera di angoscia e mistero che avvolge il film fa perdonare il resto. La scala che dà il titolo alla pellicola porta alle cantine, dove la protagonista, muta, cerca scampo dall’assassino che sta uccidendo tutte le donne affette da qualche deformità.
Notorius (Alfred Hitchcock, 1946)
Un’altra conturbante storia d’amore. Nel finale, la spia Cary Grant riesce a salvare Ingrid Bergman, che il marito e la suocera stanno avvelenando lentamente.
Per andarsene, devono scendere uno scalone, circondati dagli sguardi sospettosi dei nazisti complici del marito Sebastian, che già nutrivano dubbi su di lui.
Lo stesso scalone è protagonista di una delle scene più celebri, citata in praticamente tutti i corsi sul cinema: quella in cui, attraverso una carrellata dall’alto, la macchina da presa mostra prima una grande sala con una festa, per poi stringere sulla mano di Alicia (la Bergman) che tiene in mano la chiave della cantina nella quale Sebastian nasconde dell’uranio (c’è una storia su quella chiave… la racconterò).
Ma non è finita: ormai scoperto e condannato a pagare per aver sposato una spia e aver smascherato l’organizzazione criminale di cui fa parte, Sebastian torna in casa dalle scale esterne, che sono a tutti gli effetti per lui una scala per il patibolo.
Il bacio della morte (Kiss of Death, Henry Hathaway, 1947)
Mai così “cattivo”, Richard Widmark fa precipitare dalle scale una invalida dopo averla legata alla sedia a rotelle. La scena, forse la prima così cinicamente violenta verso una persona disabile, fece all’epoca molto scalpore. La scala diventa un’arma.
The Blues Brothers (John Landis, 1980)
Quasi una parodia della scena precedente… Jack e Elwood offrono (invano) il loro aiuto alla suora che gestisce l’orfanotrofio dove sono cresciuti. Tutto il resto del film è focalizzato sulla ricerca dei soldi necessari perché il posto non chiuda. Naturalmente, si tratta di un McGuffin da manuale, vedi a tale proposito l’articolo MacGuffin classici in questo blog.
The Music Box (Stan Laurel, Oliver Hardy, 1932)
Il regista non è importante… Tutto il film, 27 minuti, è incentrato sul tentativo della coppia di consegnare una pianola meccanica. Naturalmente, l’appartamento è in cima a delle ripidissime scale, e questo genera ogni sorta di contrattempo.
Ribalta di gloria (Yankee Doodle Dandy, Michael Curtiz, 1942)
Il film è la biografia (un po’ romanzata) di George Michael Cohan, uomo di spettacolo a tutto tondo, soprannominato appunto Yankee Doodle Dandy.
Nella scena finale, dopo aver incontrato il Presidente degli Stati Uniti che gli ha consegnato una medaglia, il protagonista (James Cagney) scende le scale in modo memorabile. Fu Cagney ad avere l’idea poco prima di girare la scena, per la quale bastò una sola ripresa senza prove.
Luisa Fezzardini, 9 aprile 2017
10 aprile 2017 at 8:02
Complimenti, molto bello e interessante.
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10 aprile 2017 at 9:08
Grazie Luca!
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