…e non i sette peccati capitali! Perché il peccato è una conseguenza del vizio, ma non è il vizio stesso. Naturalmente il tema è stato ampiamente trattato in tutte le forme di arte e di espressione umana, compreso il cinema.
Per chi come me non è precisamente a suo agio con la dottrina cattolica (ma la loro origine risale a ben prima del Cristianesimo), li riepilogo al volo, per poi esaminare un po’ di opere che ne trattano.
- Superbia, ovvero il senso della propria superiorità che si traduce in disprezzo per gli altri.
- Avarizia, ma non nel senso moderno del termine: è più l’eterna insoddisfazione per ciò che si ha, la brama di voler avere sempre di più.
- Lussuria, nella sua accezione sensuale, ma anche come esagerato attaccamento ai beni terreni.
- Invidia, che si può tradurre in: sono triste e arrabbiato perché gli altri hanno – o penso che abbiano – più di me.
- Gola, ovvero ingordigia, voracità estrema che impedisce di gustare effettivamente il cibo.
- Ira, l’eccesso di reazione ad una ingiustizia vera o presunta.
- Accidia, cioè pigrizia, indolenza, la tendenza a lasciarsi vivere.
Cominciamo dall’opera cinematografica che quasi certamente chiunque ricorda per prima, quando si tratta questo argomento, ovvero…
Seven (David Fincher, 1995)
Un giallo vecchia maniera, il classico assassino seriale che procede secondo un piano preciso, basato su uno schema che gli investigatori scoprono solo dopo qualche tempo. Agatha Christie ce ne ha dato esempi famosi: i delitti basati sull’ABC, ovvero l’orario delle ferrovie britanniche (The ABC murders – La serie infernale), su filastrocche infantili (One, Two, Buckle my Shoe – Poirot non sbaglia), e su altre rime (il famosissimo And Then There Were None – Dieci piccoli indiani).
In questo famoso film la sequenza dei delitti basati sui vizi capitali si snoda in un crescendo di suspense, retta dai bravissimi protagonisti Morgan Freeman e Brad Pitt, con l’aggiunta quasi alla fine di un Kevin Spacey altrettanto memorabile.
Una curiosità: Kevin Spacey non volle che il suo nome comparisse nei titoli di testa, così che il suo ingresso in scena costituisse una sorpresa per il pubblico.
Hyeronimus Bosch – I sette vizi capitali (1500-1525)
Questa bellissima e famosa tavola dipinta a olio è conservata al Prado di Madrid. Ho visitato diverse volte questo splendido, ricco museo, e ricordo che la prima volta rimasi perplessa nel leggere in catalogo che esisteva una intera sezione dedicata a “El Bosco” (e chi era? mai sentito), per poi scoprire che era la ‘traduzione’ spagnola di Bosch (ebbene sì). Per fortuna dei madrileni, Filippo II di Spagna era un accesissimo ammiratore dell’artista, motivo per cui al Prado è conservata in assoluto la maggior parte delle sue opere.
Il genio visionario di Bosch è assolutamente unico e inimitabile, e di gran lunga in anticipo sui suoi tempi. Ancora oggi sorprende la sua stupefacente inventiva, la sua bizzarra fantasia figurativa, l’ironia, la sottile psicologia che sapeva infondere in tutte le sue opere. Tanto è vero che esse sono ancora oggi oggetto di dibattito, e moltissimi artisti moderni gli hanno pagato e ancora pagano pegno. Tra i più recenti, Keith Haring, del quale ho visitato la bella mostra a Palazzo Reale a Milano: con molta intelligenza, i curatori hanno associato alle opere del writer statunitense le opere originali di Bosch dalle quali Haring ha evidentemente tratto ispirazione. Andando un po’ più indietro nel tempo, Salvador Dalì ha anch’egli certamente tratto spunto dal grande artista olandese.
Anche in quest’opera opera Bosch esprime il suo umorismo e la sua graffiante ironia, non solo nel rappresentare gli uomini preda dei sette vizi, ma anche nelle raffigurazioni di contorno.
I sette peccati capitali (registi vari)
Questo film è frutto della cooperazione italo-francese che tra gli anni ’50 e i ’60 produsse svariate pellicole. Tra i registi vi sono anche Roberto Rossellini e Eduardo De Filippo. Non ebbe gran fortuna, secondo me specialmente per il carattere discontinuo degli episodi, che non riescono a rappresentare una tesi di fondo, ma sono completamente slegati uno dall’altro.
Vidi questa pellicola molti anni fa, e mi colpì specialmente per l’episodio dedicato all’invidia. Il pittore Orfeo vive con la moglie Camille in una mansarda, dove dipinge e riceve i suoi amici, artisti come lui. La giovane moglie si sente esclusa dal mondo di arte e cultura del marito, e sviluppa un risentimento sempre maggiore che si materializza nella sua insofferenza per la gattina Saha, per la quale Orfeo ha un grande affetto.
Un giorno che la gatta ruba del cibo, Camille la getta dalla finestra. Fortunatamente la caduta è attutita da un tendone, e la bestiola non muore. Orfeo la riporta a casa, non sospettando che è stata proprio la moglie a lanciarla fuori. Se ne accorge vedendo la reazione spaventata della gattina quando Camille, pentita del suo gesto, tenta di accarezzarla. Orfeo accusa la moglie di essere invidiosa (“dei miei amici per il loro talento, della gatta perché la amo”) e le dice che non potrà mai più fidarsi di lei. Camille cammina lentamente verso la macchina da presa, come una persona condannata ad un destino segnato.
Metropolis (Fritz Lang, 1927)
Ancora questo film, che dal punto di vista figurativo è una miniera di invenzioni e sorprese.
Il giovane protagonista Joh Fredersen vede nella cattedrale della città le statue a grandezza naturale dei sette vizi capitali, con in mezzo la Morte che suona un flauto fatto con un osso umano.
Durante il successivo delirio, Joh ha una visione abbastanza agghiacciante, nella quale le statue prendono vita al suono del flauto della Morte. Nonostante sia un film molto datato, la scena risulta ancora piuttosto impressionante.
Metropolis è citato in questo blog anche qui.
7 giugno 2017
7 giugno 2017 at 23:55
Anch’io grande appassionato di “El Bosco”… Non la sua opera più suggestiva, ma comunque significativa… per il resto una bella selezione cinematografica a tema!!
"Mi piace""Mi piace"