Leggi l’introduzione a questa serie di articoli in Serial killer – Ed Gein
Siamo abituati ad associare l’idea di serial killer ad una figura maschile. Tuttavia vi sono diversi esempi al femminile, e uno dei più recenti ed eclatanti è quello di Aileen Wuornos. La storia comincia nel dicembre del 1989, quando il corpo di un certo Richard Mallory viene trovato in avanzato stato di decomposizione, avvolto in un tappeto, ai margini di una interstatale in Florida. Mallory è stato ucciso da diversi colpi al petto di una calibro 22. Sei mesi dopo in Georgia viene trovato un altro cadavere vicino alla interstatale, poco dopo il confine con la Florida. Anche stavolta si tratta di una calibro 22. Ma la polizia della Georgia non sa nulla del caso della Florida, e il cadavere rimane non identificato e il caso irrisolto.
Gli omicidi, tutti con caratteristiche simili, proseguono. E’ solo al quarto corpo ritrovato in condizioni analoghe che qualcuno mette insieme i pezzi e capisce che vi è un collegamento. In effetti, saranno proprio casi come questo a far comprendere la necessità di una base dati centralizzata per tutti i crimini violenti.
Le indagini si orientano sulla figura di una prostituta, che presto assume una identità precisa, quella di Aileen Carol Wuornos. La donna ha all’epoca 34 anni e un difficile passato alle spalle: abbandonata col fratello dalla madre, incinta a 14 anni, fugge di casa e comincia a vivere sulla strada a 15. La sua storia giudiziaria è fatta di condanne per ubriachezza, porto d’armi abusivo, truffe, prostituzione, sempre dentro e fuori di galera. Tutte le volte cambia nome e stato e ricomincia da capo.
Fino a che a trent’anni si innamora di una giovane donna, Tyria Moore. Per lei Aileen cerca di iniziare una nuova vita, ma non ci riesce: è senza istruzione, senza alcuna esperienza, un lavoro normale non riesce a trovarlo. Si rimette quindi a battere la strada, ma qualcosa in lei è cambiato: comincia a uccidere i suoi clienti e a depredarli di denaro e automobile. Quando i soldi sono finiti, le due donne cambiano città e il giro ricomincia.
Alla fine la Wuornos viene catturata, ma le prove a suo carico sono solo indiziarie, ci vuole una confessione. La polizia si serve di Tyria, che è spaventata dalle conseguenze della vicenda e teme per la sua vita se Aileen dovesse tornare libera. Ma Aileen a quanto pare la ama veramente: quando Tyria la chiama in carcere per cercare di farle fare dichiarazioni compromettenti, Aileen capisce che la telefonata è registrata ma confessa ugualmente, scagionando la sua partner.
Il processo vede Aileen imputata per un solo omicidio, quello commesso in Florida, lo stato nel quale è stata arrestata. L’avvocato difensore cerca di avallare la legittima difesa, ma il procuratore riesce a inserire nel dibattimento altri sei omicidi, e la tesi di sette omicidi per legittima difesa non è ovviamente sostenibile. La donna viene condannata a morte, e a quel punto perde la testa, si scaglia contro la corte urlando cose tremende.

L’avvocato ricorre in appello, ma nel 2002 è la condannata stessa a scrivere una lettera alla corte suprema dal braccio della morte: “Sono una che odia seriamente la vita umana e vorrei uccidere ancora.” Il governatore di stato ordina una perizia psichiatrica, ma la Wuornos viene trovata capace di intendere e volere: il suo desiderio di farla finita è autentico.
Prima di morire rilascia una intervista filmata che diventerà un documentario, che si trova facilmente su Youtube.
E’ su quel documentario e sulle lettere che la condannata scrisse dal carcere che Charlize Theron si basò per impersonare la Wuornos nel film “Monster” del 2003. La Theron fu anche produttrice della pellicola: era una storia in cui credeva molto, e per la parte si preparò con estrema serietà e professionalità. Modificò il suo aspetto ingrassando di 15 chili e sottoponendosi ad un trucco estenuante, ma il risultato è stupefacente: basta visionare anche solo pochi secondi delle riprese della Wuornos e paragonarli al film per rilevare fino a che punto la Theron riuscì a immedesimarsi nel personaggio. Non solo nell’aspetto, ma anche e soprattutto negli atteggiamenti di una donna sicuramente disturbata mentalmente, e con gravi problemi di personalità.


La sceneggiatura ricalca più che fedelmente la vicenda autentica, cambiando solo alcuni particolari, specie nella tempificazione: fatti che si sono svolti nell’arco di diversi mesi vengono infatti compressi in un arco più breve.
Una storia sotto molto aspetti disturbante, ma anche nel deserto di una vita così completamente sbagliata mi ha colpito come la Wuornos avesse concepito un sentimento davvero forte per la sua giovane compagna, e sia stata capace di altruismo nei suoi confronti.
Per altri articoli sui Serial killer si rimanda alla pagina Cinema.
28 giugno 2017
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