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Mentre non tutti ricordano il nome dell’automa protagonista di “Ultimatum alla terra” (The Day the Earth Stood Still, 1951), le magiche parole che disattivano la sua reazione difensiva sono entrate nella cultura popolare, e sono state riprese in diversi altri contesti e film.

Gort, questo il nome del robot, arriva sulla terra (a Washington, per la precisione) insieme all’alieno Klatuu, quest’ultimo in tutto simile ad un essere umano.

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Klatuu deve consegnare un messaggio all’umanità, ma ciò pare non sia realizzabile a causa del difficile clima politico. Viene ferito e messo sotto sorveglianza, ma evade.

Si confonde tra la popolazione, prende in affitto una camera presso una pensione, dove trova aiuto nella giovane vedova di guerra Helen e nel figlioletto Bobby.

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da sinistra: Helen, il suo figlioletto Bobby, Klatuu (sotto il nome fittizio di Mr. Carpenter), il fidanzato di Helen

Klatuu riesce a incontrare un famoso scienziato, il professor Barnhardt, e a convincerlo della sua identità e della sua missione. Il professore lo assicura che farà di tutto per riunire i suoi colleghi scienziati, raccolti a Washington in occasione di un convegno, così che l’alieno possa loro consegnare il suo messaggio.

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Klatuu viene però tradito dal fidanzato di Helen, inseguito dalla polizia, ucciso. Prima di spirare, chiede ad Helen di recarsi all’astronave (dove Gort attende il suo ritorno, silenzioso e inamovibile) e di dirgli le famose tre parole. Helen esegue, e ciò evita che l’automa (che ha il potere di disintegrare qualunque essere o oggetto) faccia una strage di umani.

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Gort va poi a recuperare il cadavere di Klatuu, lo porta all’astronave, lo resuscita. Una curiosità: a questo punto la censura pretese che tale resurrezione fosse in qualche modo “spiegata” e le sue implicazioni religiose depotenziate. Lo sceneggiatore aggiunse perciò uno scambio di battute, nel quale Helen esprime sorpresa, e Klatuu risponde che la vita gli è stata restituita solo temporaneamente, perché il potere di vita e di morte è nelle sole mani dell’Onnipossente (“the Almighty Spirit” in originale).

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Klatuu ed Helen all’interno dell’astronave, dove Gort lo ha appena rianimato dalla morte

Klatuu riuscirà a consegnare il suo messaggio pacifista ad una compagine di scienziati di tutto il mondo, gli unici disposti ad ascoltarlo dopo che il suo tentativo con le forze politiche è fallito. L’astronave si allontana, lasciando ai terrestri la scelta: continuare a espandere la propria violenza e venire annientati, o vivere finalmente in pace.

Naturalmente il tema del film è fortemente influenzato dal teso clima politico di quegli anni: si era infatti in piena guerra fredda.
Vi sono inoltre diverse analogie tra Klatuu e la figura di Gesù. Lo sceneggiatore Edmund North dichiarò poi che tali analogie erano volute, ma sperava che fossero più sottili di come in effetti risultarono: Klatuu scende dal cielo con un messaggio di pace (e mentre il disco volante è ancora sugli schermi radar, uno degli operatori commenta “Holy Christmas!” – letteralmente “Santo Natale!” – una esclamazione abbastanza comune che nel doppiaggio italiano va persa); ha poteri di guarigione non umani; quando evade assume il nome di John Carpenter (falegname), e le stesse iniziali del suo nuovo nome, JC,  in inglese indicano comunemente Gesù (Jesus Christ); viene ucciso dalle autorità, risorge, e ritorna al cielo dal quale è disceso.

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Riguardo all’automa Gort, vi sono diversi interessanti dettagli al suo riguardo.
Prima di tutto il protagonista, Lock Martin, non era un attore professionista: faceva l’usciere  al Grauman’s Chinese Theater di Hollywood, e venne scelto esclusivamente per la sua alta statura.

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Martin non era però robusto, e inoltre il costume di neoprene che simulava la corazza metallica del robot lo impacciava notevolmente. Incapace di sollevare sulle braccia Patricia Neal (l’attrice che impersonava Helen) e tanto meno Michael Rennie (Klatuu) si arrivò ad un compromesso: nei primi piani la Neal e Rennie erano sostenuti da una gru, mentre nei campi lunghi ci si servì di realistici manichini.

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In “Ultimatum alla terra” la figura dell’essere artificiale non è particolarmente originale o innovativa. Gort è certamente intelligente, ma in modo non umano. Klatuu spiega infatti che la Confederazione Galattica della quale fa parte ha delegato agli automi come Gort il compito di preservare la pace nelle galassie, proprio per la loro imparziale obiettività.

Anche dal punto di vista scenico Gort non rappresenta una innovazione negli stilemi cinematografici: è certamente antropomorfo, ma le sue caratteristiche (la corazza interamente metallica, i movimenti meccanici, la mancanza di un volto con caratteristiche umane, le sue enormi proporzioni, e – non ultimo – la sua invulnerabilità e i suoi poteri di distruzione) incutono timore e apprensione, e rientrano nello scontato clichè del “robot senza sentimenti”.
Per altri articoli sugli esseri artificiali si rimanda alla pagina Cinema.

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5 agosto 2017