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Il titolo originale rende molto più della fiacca traduzione italiana “Operazione diabolica”. Con altri due film (“The Manchurian Candidate” del 1962, e “Seven days in May” del 1967) questa pellicola del 1966 è spesso citata nella ‘trilogia della paranoia’ del regista John Frankenheimer. Il plot è inquietante, e sfiora la socio-fantascienza. In effetti, è incentrato sul mito dell’eterna giovinezza, e rappresenta una spietata critica del sogno americano che di lì a poco i moti del ’68 avrebbe demolito, e di quella ‘middle-class’ statunitense che allora come ora rappresenta la colonna portante del paese. Ci sono momenti del film, girato in uno splendido bianco e nero, che sono tra i più paurosi che abbia mai visto in una pellicola. Non terrorizzanti di per sè (non si vede nemmeno una scena sia pur lontanamente cruenta), ma per quello che implicano.

Rock Hudson cercava da tempo un’occasione di interpretare una parte diversa dal suo solito repertorio, e a mio parere ci è riuscito pienamente. Tuttavia – altra particolarità del film – entra in scena dopo quasi 20 minuti. Il protagonista Arthur Hamilton è infatti interpretato all’inizio da un altro attore, il bravo John Randolph.

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Hamilton è un affermato professionista di mezza età, ma la cui vita sembra aver perso uno scopo. Il successo nel lavoro non lo soddisfa, la vita con la la moglie è diventata una spenta routine, e vede raramente l’unico figlio. Una sera riceve una telefonata da Charlie, un amico che credeva morto da tempo in un incidente.

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Hamilton stenta a credere alla strana telefonata, ma l’amico gli dà prove incontrovertibili della sua identità. Lo prega di non far parola con nessuno della loro conversazione, e gli prospetta la possibilità di cambiare drasticamente la propria vita. Il giorno dopo Hamilton si reca in un macello, da dove viene portato in tutta segretezza presso la lussuosa sede di una società.

E’ lì che viene informato di quello che è successo all’amico che gli ha telefonato, e la stessa offerta viene fatta a lui: in cambio della cessione alla società di una considerevole somma di denaro, gli viene data una chance di cambiare drasticamente la propria vita. Sarà morto per tutti, ma in realtà diventerà più giovane, avrà una vita libera da vincoli, eccitante, piena di soddisfazione.  All’inizio riluttante, Hamilton viene costretto ad accettare col ricatto.

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Da quel momento, la società prende il controllo della sua esistenza. Viene sottoposto a diverse operazioni di chirurgia plastica. Durante la convalescenza, la società si informa delle sue aspirazioni, dei suoi desideri più intimi, per vagliare che tipo di nuova vita prospettargli.

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Una volta guarito dalle operazioni, è Rock Hudson a interpretare Arthur Hamilton.

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Dopo intensive sessioni di ginnastica, una dieta, e diversi altri interventi estetici, lo spento dirigente di mezza età si è trasformato in un uomo molto più giovane ed aitante.

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Per lui è stata predisposta una nuova identità: sfruttando le sue giovanili aspirazioni artistiche, Hamilton diventerà Antiochus “Tony” Wilson, un pittore di Malibu. Tuttavia, fin da subito, il protagonista stenta spiritualmente a tenere il passo con le mutazioni fisiche e ambientali alle quali è sottoposto. E’ disorientato, incerto, ancora frastornato da tanti drastici cambiamenti. Si reca tuttavia a Malibu, e immediatamente deve fare i conti con delle incongruenze: all’aeroporto si imbatte in uno sconosciuto che lo saluta familiarmente chiamandolo Tony, e sembra conoscerlo molto bene.

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Hamilton si disimpegna con qualche difficoltà dall’invadente personaggio, e si reca ad una splendida villa sull’oceano, accompagnato da un maggiordomo-factotum che sembra essere al corrente delle sue vicende, e lo aiuta ad ambientarsi.

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Hamilton scopre ben presto che il pittore Tony Wilson è una persona autentica, morta da poco, e di cui lui ha assunto aspetto e identità. Ancora molto scosso, si chiude in se stesso e non raccoglie nessuno degli inviti del suo maggiordomo a frequentare il vicinato e farsi delle conoscenze. Un giorno sulla spiaggia, lungo la quale fa di frequente solitarie passeggiate, incontra una bella sconosciuta, Nora, con la quale riesce ad uscire dal suo guscio e intreccia presto una relazione sentimentale.

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Con Nora, Hamilton partecipa ad un evento per lui catartico: uno sfrenato baccanale, al quale all’inizio assiste attonito, ma che infine lo travolge con una partecipazione sensuale per lui finalmente liberatoria.

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Dopo il baccanale, Hamilton sembra aver trovato una sua dimensione insieme a Nora. Frequenta gli altri proprietari delle ville antistanti l’oceano, ma durante un party si ubriaca e fa dichiarazioni rivelatrici sul suo passato.

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A quel punto i suoi vicini lo neutralizzano e gli rivelano di essere “seconds” come lui, ovvero rinati ad una seconda identità grazie ai servizi della misteriosa società. Persino Nora è una loro dipendente, mandata apposta ad allacciare con lui una relazione per sbloccare l’empasse emotivo nel quale era sprofondato.

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Dopo questa scioccante rivelazione, Hamilton sente di dover tornare alle origini, e verificare come la sua famiglia sia andata avanti dopo la sua morte fittizia. Torna nel suo vecchio quartiere.

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Spacciandosi per un partner di affari di Hamilton si fa accogliere dalla moglie, che sembra aver accettato con relativa serenità la vedovanza, ed ha anzi già cambiato drasticamente l’aspetto della casa.

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Questa inopportuna visita, che rischia di far scoprire l’intera vicenda, è molto malvista dalla società che ha contattato Hamilton, che gli fa chiaramente capire che si è messo su una china pericolosa.

A quel punto Hamilton chiede di cambiare nuovamente identità. A quanto pare non è l’unico a voler intraprendere quel passo, c’è addirittura una sala di attesa dove gli aspiranti vengono chiamati quando si offre un’occasione adatta.

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Tuttavia, la società gli chiede in cambio di segnalare loro un possibile candidato a diventare un “second”, scelto fra le sue passate conoscenze. Hamilton rifiuta decisamente, e si dispone ad aspettare il suo turno per un nuovo cambio di vita. Fra le persone in attesa, Hamilton trova anche Charlie, l’amico che l’aveva contattato all’inizio.

Quando finalmente arriva il suo turno per una nuova operazione risolutiva, la vicenda precipita rapidamente verso la sua conclusione, che non svelo per non rovinare la suspense a chi non ha visto il film, ma che ne rappresenta probabilmente la parte più agghiacciante.

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La pellicola è discontinua, ma tuttavia impressionante e molto coinvolgente. Penso che il motivo sia che dà una dimensione concreta alla realizzazione di un sogno che molti hanno vagheggiato in vita loro: se potessi tornare giovane, se potessi cambiare vita, avere un’altra chance… Ebbene, non è poi così semplice come si pensa: quello che siamo, in bene e in male, è la somma delle nostre esperienze e dell’evoluzione del nostro spirito. Cambiare vita richiede anche un cambiamento interiore, e di conseguenza un diverso approccio verso chi fa parte della nostra vita. Chi di noi è veramente pronto a tanto? Perché di tanto si tratta.

Inoltre, come citato all’inizio, il film rappresenta una critica assai cruda al modello di vita borghese, negli USA ma anche altrove. Il protagonista ha apparentemente tutte le ragioni per essere soddisfatto: è un uomo d’affari di successo, ha denaro, una bella casa, una moglie per la quale forse non prova più una passione infuocata, ma che tuttavia è una compagna discreta e affettuosa, un figlio. Eppure, non è felice. Il problema è che non riesce egli stesso a capire le ragioni della sua infelicità, e il fatto di cambiare vita (una vita diversa ma anche quella di successo, e senza problemi materiali) non può guarire la sua angoscia esistenziale, che ha radici più profonde.

Un film secondo me da vedere, anche per l’ottima performance di tutti i protagonisti, Hudson per primo, che rivela notevoli doti drammatiche e interpretative, molto al di sopra dei suoi soliti ruoli. Includo qui sotto il trailer, che pur breve com’è riesce a trasmettere il clima di angoscia che pervade tutta la pellicola.

1 ottobre 2017