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Ancora oggi, queste foto mettono i brividi. Per quello che avrebbe potuto essere, e fortunatamente non è stato.

Il 23 giugno 1940 Hitler fece una visita lampo nella Parigi appena conquistata dalle sue truppe, accompagnato dal suo architetto preferito – e più tardi ministro degli armamenti – Albert Speer, e Arno Breker, il suo scultore preferito.
Giova ricordare che Hitler si reputava un artista e architetto mancato, ed era seriamente interessato a tutti gli argomenti relativi all’urbanistica e all’architettura.

Credo che la cosa migliore sia affidarsi alle memorie di Speer, e vi assicuro che vale la pena leggere fino in fondo alla pagina (ne ho sfrondato alcuni brani): “La corsa in macchina attraverso la profonda banlieue ci portò direttamente all’Opéra dell’architetto Garnier, l’edificio neobarocco che Hitler prediligeva e che aveva voluto vedere per primo. Le luci splendevano come in una serata di gala. Ci accompagnava per il teatro vuoto un custode dei palchi, dai capelli bianchi. Quando, finita la visita, stavamo per uscire, Hitler sussurrò qualcosa all’orecchio dell’aiutante Brückner, il quale tolse dal portafoglio una banconota da cinquanta marchi e la porse all’uomo. Con ferma cortesia l’uomo rifiutò. Hitler ritentò, incaricando questa volta Breker, ma il custode persistette nel rifiuto. Non aveva fatto che il suo dovere, disse a Breker.
“Usciti, percorremmo gli Champs Elysées fino al Trocadero, poi andammo alla Tour Eiffel, dove Hitler ci impose una nuova sosta. Giunti finalmente agli Invalides, il Führer si fermò a lungo davanti al sarcofago di Napoleone. Poi volle vedere il Pantheon, le cui proporzioni lo impressionarono. La meta finale fu il Sacré Coeur di Montmartre. Qui egli sostò di nuovo a lungo, mentre i numerosi fedeli che entravano e uscivano non mostravano, pur riconoscendolo, di interessarsi a lui.
“Dato un ultimo sguardo a Parigi, tornammo velocemente all’aeroporto. Erano le nove del mattino, e la visita era terminata. (continua dopo la foto)

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Hitler con Albert Speer (a sinistra nella foto) e Arno Breker (a destra). Non salirono fino in cima alla Tour Eiffel perché le cabine erano fuori uso e Hitler non volle salire a piedi. Alquanto stranamente, dopo qualche ora che il gruppo di tedeschi se ne era andato le cabine ripresero a funzionare regolarmente.

“Quella sera mi volle di nuovo con sé dove alloggiava. Sedeva, solo, davanti al tavolo, e quando entrai mi disse subito, senza preamboli: ‘Prepari un ordine del Führer, che disponga la piena ripresa dei lavori di Berlino. Non era bella Parigi? Ma Berlino deve diventare molto più bella. Mi sono chiesto spesso se non dovremmo distruggere Parigi’ proseguì con calma agghiacciante, come se si trattasse della cosa più naturale di questo mondo. ‘Ma, quando Berlino sarà finita, Parigi non sembrerà che un’ombra. Perché distruggerla, allora?’ E mi congedò.
“Pur essendo abituato alle osservazioni impulsive di Hitler, mi spaventai di quella manifestazione così disinvolta, incosciente, del suo vandalismo. Già davanti alla distruzione di Varsavia aveva reagito in modo del tutto simile. E già allora aveva espresso l’intenzione di impedire che quella città fosse ricostruita, affinché il popolo polacco non riavesse mai più il suo centro politico e culturale. Varsavia, però, era stata distrutta dalla guerra, ora, invece, Hitler sembrava accettare con tutta tranquillità l’idea di distruggere volutamente, dolosamente, e in fondo senza alcun motivo, quella città che egli stesso aveva chiamato ‘la più bella d’Europa’, con tutto il suo contenuto di intestimabili tesori artistici.” (da: Albert Speer “Memorie del Terzo Reich” Oscar Storia Mondadori)

Non credo vi sia altro da aggiungere. Faccio solo un commento personale: mi ha colpita l’atteggiamento fiero dei parigini, così come descritto da Speer. Mi chiedo se oggi non cercherebbero invece di farsi un selfie con Hitler. E non parlo dei parigini soltanto, ovvio. Abbiamo visto tutti chi si faceva un selfie con la salma di Giovanni Paolo II o con lo sfondo della Concordia semiaffondata.

Concludo con l’interessante quesito (retorico) di un famoso storico britannico, che ebbe a dire: “Chiedo spesso ai miei studenti: se in questo momento entrasse in aula Hitler, vi alzereste in piedi?” intendendo con ciò, non certo una dimostrazione di rispetto per l’uomo, ma per la Storia che egli rappresenta, anche se in modo negativo. Domanda provocatoria ma non banale.

Per altri scatti memorabili, visita la pagina Fotografia in questo blog.

Luisa Fezzardini, 11 marzo 2018