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“Il flauto magico” (Die Zauberflöte) è una delle opere più famose e amate di Mozart, e per molti buoni motivi.

Sia Mozart che il librettista Emanuel Schikaneder erano massoni, e infatti la trama – collocata in un improbabile antico Egitto – è infarcita di simboli e riferimenti massonici, e il percorso dei giovani protagonisti dall’oscurità alla luce ricalca i riti di iniziazione tipici della massoneria.
Detta così, la trama parrebbe il compendio di ogni noia… non fosse che la levità dei dialoghi, l’ambientazione da fiaba, i colpi di teatro pieni di meraviglia lieta e infantile,  l’originalità dei personaggi, e l’umorismo che fa capolino nelle situazioni più impensabili, rendono il racconto semplicemente incantevole, e il dipanarsi della vicenda avvincente ed emozionante come una favola dei fratelli Grimm.

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L’edizione secondo me migliore… Assolutamente memorabile. E che magnifica copertina.

Il tutto condito da una musica per cui non ci sono vere parole. Le ha forse trovate Andrea Camilleri, quando ne “Il birraio di Preston” fa commentare ad un suo personaggio, un falegname ignorante e illetterato, la sua reazione quando da ragazzo ascoltò “Il flauto magico” per la prima e unica volta in vita sua: “U cori mi batteva forti, ora sentiva càvudo càvudo ora friddo friddo, la testa mi firriava. Didopu, come si fossi addiventato un palloneddro di acqua saponata, accominzai a volare. … Dopu arrivai vicino a u suli, acchianai ancora e mi trovai in paradisu. … Poi la musica e lu cantu finero, io raprii gli occhi e vitti che dintra o tiatro era arrimasto solo. Non aveva gana di nèsciri di fora, ancora dintra di mia sentiva la musica. Pigliai sonno e m’arrisbigliai, svenni e arrivenni, arrisi e chiangii, nascii e murii, sempre con quella musica che sonava dintra di mia.” (da “Il birraio di Preston” di Andrea Camilleri, Sellerio editore)

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Karl Friedrich Schinkel: Apparizione della Regina della notte (gouache per una scenografia)

Ulteriore fama all’opera venne dal bellissimo film che Ingmar Bergman ne trasse nel 1975, che meriterebbe un articolo a parte.

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Vorrei soffermarmi su un risvolto della trama, che trovo piuttosto intrigante. L’Austria di Mozart era retta dall’imperatore Giuseppe II, che si può ben definire un assolutista illuminato.

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Non molti anni prima i turchi erano arrivati alle porte di Vienna, il punto più estremo che il Sultano Solimano il Magnifico era arrivato a toccare nell’espandere l’impero ottomano (anche se probabilmente il suo vero obiettivo era di ristabilire il controllo sull’Ungheria, anch’essa parte dell’impero austriaco). Tale esperienza non aveva però lasciato negli austriaci strascichi xenofobi, anzi: al tempo di Mozart l’influenza di popolazioni e culture esotiche era vista con curiosità ed era molto di moda.

Nulla di più normale, quindi, che “Il flauto magico” fosse ambientato nel misterioso Egitto, e che uno dei personaggi, Monostatos, capo degli schiavi di Sarastro, fosse un “moro”.

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Bozzetto per il personaggio di Monostatos, 1913

Un altro dei fiabeschi personaggi dell’opera è Papageno, un uccellatore: cattura infatti uccelli canterini per lo svago della Regina della Notte, e ne riceve in cambio cibo e bevande. Lui stesso ha un aspetto particolare: è un uomo-uccello coperto di piume, dall’aspetto pittoresco e insolito, che desta curiosità in chi lo incontra.

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Bozzetto per il costume di Papageno, dall’allestimento originale dell’opera

Ebbene, a un dato momento questi due personaggi, sicuramente esotici entrambi per il pubblico dell’epoca, si incontrano per caso, e si spaventano l’uno dell’altro. Ecco il loro dialogo. Notare che tutti e due dicono a turno esattamente le stesse cose:

MONOSTATOS E PAPAGENO
Uuuuuhhhhhh!!!!! (girandosi attorno, cauti)
Questo è il diavolo, sicuramente!
Abbi pietà! Risparmiami!
Uh! uh! uh!
(corrono in direzioni opposte, Monostatos esce di scena)

PAPAGENO (rimane solo)
(con un sospirone) Non sono forse pazzo a lasciarmi spaventare così?
Ci sono uccelli neri al mondo, perché non potrebbero esserci uomini neri?

Ecco, secondo me in questa scenetta secondaria, che era sicuramente intesa a divertire il pubblico, c’è tutto lo spirito cosmopolita e aperto dell’Austria al tempo di Mozart. Non va dimenticato che quest’opera non era stata creata per il teatro imperiale, ma per un ben più modesto teatro popolare, il Theater auf der Wieden. La maggior parte del pubblico non sapeva leggere nè scrivere, e assorbiva le novità dagli spettacoli teatrali e di strada.

Il messaggio di questo breve intervallo scenico era dunque assai moderno per l’epoca. Ed è significativo che mentre Papageno si spaventa di un “uomo nero”, dato che mai ne aveva visto uno, dal canto suo Monostatos non è meno impaurito da un uomo bianco, ma dall’aspetto bizzarro. Come a dire, la “differenza” che ci intimorisce e ci rende diffidenti non è tutta, e non solo, nel colore della pelle.

“Il flauto magico” andò in scena per la prima volta a Vienna nel 1791. Meno di cent’anni dopo, nel 1889, l’Austria dava i natali a chi del razzismo e dell’intolleranza doveva fare la sua bandiera: Adolf Hitler.

Luisa Fezzardini, 31 marzo 2018