Ci vollero ben quattro riprese in quattro punti diversi del pianeta per filmare la sequenza della caccia alla famigerata balena bianca in “Moby Dick” (John Huston, 1956).
In uno studio vicino a Londra, dove era stato costruito un grande bacino.
A Madera, dove le baleniere portoghesi pescavano ancora con l’arpione.
Al largo di Fishguard, nel Galles, dove la furia del mare, oltre a causare un grande ritardo, distrusse due balene bianche di legno e acciaio rivestito di lattice che erano state costruite appositamente per il film. Risultato: uno sforamento del budget del film del cinquanta per cento.
E infine, nelle Canarie, dove Gregory Peck interpretò lui stesso, senza controfigura, l’ultima scena del film, incatenato alla balena dalle funi degli arpioni.

In realtà, la balena era un tamburo di cento metri di diametro, con un meccanismo che a ogni rotazione immergeva l’attore nell’acqua. La scena che ne uscì è memorabile, ma il povero Peck finì mezzo affogato.
Una piccola curiosità. Anjelica Huston, attrice e figlia del grande John, visitò il padre sul set di Moby Dick.
All’epoca aveva quattro anni, e provò immediatamente simpatia per Gregory Peck, forse anche perché incuriosita dal suo aspetto insolito, truccato da capitano Ahab.
Una volta diventata adulta, i due svilupparono una sincera amicizia, che durò fino alla morte di Peck nel 2003.
In questo video gli ultimi frenetici minuti della caccia alla Balena Bianca. Per altre Scene famose visitate la pagina Cinema.
Luisa Fezzardini, 11 maggio 2018
immagini Magnum e Getty Images
12 Maggio 2018 at 7:23
Film straordinario.
Periodicamente lo riguardo e l’ho fatto conoscere ai miei figli. Resta ancora visibile in termine di effetti speciali.
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12 Maggio 2018 at 7:43
Assolutamente sì. E tra le molte memorabili scene non va dimenticato il sermone iniziale, con un grande Orson Welles al pulpito. Naturalmente nel film si perde in parte la dimensione epica del libro, da tragedia greca, con il “coro” che introduce e commenta i fatti fino all’ineluttabile conclusione. Ma lo scontro tra l’uomo e un cieco fato superiore è reso benissimo.
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12 Maggio 2018 at 7:49
Certo.
Chiamatemi Ismaele…
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