All’aprirsi di un nuovo secolo, il 14 gennaio 1900, si tenne al Teatro Costanzi di Roma la prima rappresentazione di Tosca. La considero una delle opere migliori di Puccini, per l’originalità e l’eleganza del tessuto musicale, e per la suggestiva ambientazione romana: scelta piuttosto insolita, dato che in generale Puccini preferì sempre luoghi più esotici per collocare le sue opere.

Tosca_(1899)
La locandina originale, che sino alla fine del 1900 ha campeggiato sulle partiture e i libretti dell’opera editi dalla Ricordi.

La vicenda di Tosca (tratta da una tragedia di Victorien Sardou) si colloca nel 1800, tra la caduta della Repubblica Romana, la restaurazione dello Stato Pontificio, gli echi rivoluzionari dalla Francia. La vicenda si dipana in una data ben precisa, sabato 14 giugno 1800, la vittoria napoleonica di Marengo sulle truppe austriache. La trama contribuisce grandemente al fascino di quest’opera: storia e politica si intrecciano a passioni personali: amore, gelosia, vendetta, con un susseguirsi di colpi di scena che tengono lo spettatore in costante attesa degli sviluppi.

Roma fa da impareggiabile sfondo, e non per nulla ben due film hanno riprodotto la vicenda nei luoghi autentici, entrambi con cast di altissimo profilo: il film del 1976 diretto da Gianfranco De Bosio, e la produzione Rai del 1992 intitolata “Tosca. Nei luoghi e nelle ore di Tosca”, dove  tramite un sofisticato incrocio di segnali da vari satelliti, i cantanti ascoltavano l’accompagnamento attraverso grandi monitor posizionati nei luoghi reali e negli orari dove il lavoro di Sardou-Puccini veniva ambientato: Sant’Andrea della Valle per il primo atto, verso mezzogiorno; Palazzo Farnese per il secondo atto attorno alle 21:00 dello stesso giorno; e Castel Sant’Angelo per l’ultimo atto, all’alba del giorno successivo.

Senza tanto pretendere, ho provato in questo articolo a ripercorrere la trama, i luoghi ove la trama si svolge, e i brani che preferisco, che però non sono quelli più popolari e noti: “Recondite armonie”, “Vissi d’arte”, “E lucean le stelle”, dei quali non disconosco i meriti, ma che sono più che altro intesi a mettere in luce le qualità canore dei protagonisti.

Il “tritono di Scarpia”
Una curiosità: l’opera inizia con un tritono, isolato dal resto della musica. E’ uno dei motivi ricorrenti dell’opera, e identifica Scarpia, il diabolico capo della polizia papalina. E’ di difficile intonazione e fortemente dissonante, ma estremamente efficace nel creare un senso di angoscia e pericolo. Il suo ruolo è di evocare all’istante il personaggio di Scarpia, anche quando questi è assente dalla scena. Il fatto che apra l’opera e si ripeta più volte durante la stessa, sembra quasi indicare che sia Scarpia il protagonista principale, più che Tosca o Cavaradossi. Un’altra sottigliezza di questa raffinata opera.tritono

Atto primo

Basilica di Sant’Andrea della Valle, verso mezzogiorno di sabato, 14 giugno 1800
La chiesa si trova in piazza Vidoni, nel rione Sant’Eustachio. La costruzione venne iniziata a fine Cinquecento, ma la facciata gotica fu aggiunta in seguito, nella seconda metà del 1600.

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Al suo interno ovviamente non si trova la Cappella Attavanti, elemento di finzione scenica. Pare però che Puccini si sia ispirato alla Cappella Barberini, una delle tre cappelle effettivamente presenti nella basilica. E’ all’interno che inizia l’opera, senza Ouverture, altro particolare musicalmente molto insolito.

Trama: All’interno della Basilica il pittore Mario Cavaradossi, mentre sta dipingendo un quadro, incontra Cesare Angelotti, ex console della Repubblica Romana e acceso bonapartista, appena fuggito da Castel Sant’Angelo dove era tenuto prigioniero. Sempre nello stesso luogo si incontrano poco dopo anche Floria Tosca, una attrice amante di Cavaradossi, e il barone Scarpia, capo della polizia papalina che da lungo tempo desidera Tosca. Sarà Scarpia a provocare la gelosia della donna, per scoprire il luogo segreto dove Cavaradossi tiene nascosto il fuggiasco Angelotti.

In questo video tratto dal film del 1976 e ambientato all’interno della autentica Basilica di Sant’Andrea, Scarpia (il grande baritono Sherrill Milnes) dichiara – parlando a se stesso – il suo intento di incastrare il Cavaradossi e allo stesso tempo di fare sua Tosca. L’intreccio del brano, colmo di fredda malvagità, con il Te Deum e i colpi di cannone celebrativi sullo sfondo, mi ha sempre dato i brividi, è di una efficacia drammatica senza pari. Il Te Deum (Largo religioso sostenuto molto, indica lo spartito) è di grande pathos, e coinvolge emotivamente lo spettatore nella diabolica trama che Scarpia sta tessendo intorno ai due sventurati amanti:  inizia quasi in sordina per prendere a poco a poco, lento e solenne, il sopravvento sul brano del baritono, ed esplodere infine in una esecuzione corale, seguita dal tritono di Scarpia (vedi più sopra).


Atto secondo

Palazzo Farnese, intorno alle 21:00 di sabato, 14 giugno 1800
Venne edificato per volontà dell’allora cardinale Alessandro Farnese. I lavori, iniziati nel 1514, si interruppero per il sacco di Roma del 1527, e furono ripresi nel 1541, dopo l’ascesa al papato del cardinal Farnese come papa Paolo III. Oggi di proprietà dello Stato italiano, è concesso dal 1936 all’Ambasciata di Francia per 99 anni. Nell’Otto-Novecento era considerato una delle quattro meraviglie di Roma, un criterio che classificava i più bei palazzi della città. Il suo nomignolo era “il dado” per la sua forma quadrata.

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Trama: Palazzo Farnese è dove risiede Scarpia, e qui Mario Cavaradossi viene torturato e poi condannato a morte. Tosca (il soprano Raina Kabaivanska) per salvarlo è disposta a qualsiasi cosa e Scarpia ne approfitta, concedendo la grazia e un salvacondotto ai due amanti, a patto che Tosca gli si conceda – anche se in realtà Scarpia non ha alcuna intenzione di graziare Cavaradossi. Seppur inorridita, Tosca è costretta a cedere, ma nel momento in cui Scarpia si avventa su di lei lo pugnala a morte con un coltello. La scena, uno dei momenti più drammatici dell’opera, è rappresentata nella celebre locandina dell’opera, più sopra riprodotta, con Tosca che religiosamente dispone due candelabri intorno al corpo esanime e un crocefisso sul petto. Famosa la frase con cui commenta il suo delitto: “E’ morto. Or gli perdono”. Il video viene dal film del 1976, e seppure Palazzo Farnese venga ripreso solo parzialmente, se ne intuisce lo splendore.

La musica pucciniana segue, si può dire passo per passo, l’evoluzione del dramma. Dalla rassegnata melodia iniziale, alla concitazione dell’omicidio, alla fuga sconvolta di Tosca dal teatro del dramma.

 

Atto terzo

Castel Sant’Angelo, alba di domenica 15 giugno 1800
Detto anche Mausoleo di Adriano, è situato sulla sponda destra del Tevere, di fronte al pons Aelius (attuale ponte Sant’Angelo), a poca distanza dal  Vaticano, nel rione Borgo. E’ collegato allo Stato del Vaticano attraverso il corridoio fortificato detto del “passetto”. Il castello è stato radicalmente modificato più volte in epoca medioevale e rinascimentale. E’ stato teatro di innumerevoli eventi storici.

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Trama: È l’alba. L’atto si apre sui bastioni di Castel Sant’Angelo. Sullo sfondo i suoni di una serena scena campestre, le campanelle di un gregge di pecore, e un pastorello che canta un motivo che Puccini trasse da una canzone popolare: ” Io de’ sospiri te ne rimanno tanti, pe’ quante foje ne smoveno li venti. Tu me disprezzi, io me ci accoro, lampena d’oro me fai mori’ “.  Mario Cavaradossi (il tenore Placido Domingo) attende l’ora in cui verrà giustiziato. Tosca entra in scena all’improvviso e comunica all’amante che sono salvi: gli mostra il salvacondotto e lo informa della fucilazione simulata, pattuita con Scarpia prima della sua morte. Ma il finale andrà diversamente: Cavaradossi verrà veramente fucilato. Tosca, sconvolta, si getta sul cadavere gridando: “Mario, morire così!”. Quando viene raggiunta dalle guardie che hanno scoperto l’assassinio di Scarpia e le urlano: “Tosca, pagherai ben cara la sua vita!”, in un supremo atto di coraggio sale sul parapetto, e gridando “Con la mia! O Scarpia, avanti a Dio!” si toglie la vita gettandosi dal bastione.

Le riprese sono veramente suggestive, Castel Sant’Angelo e la cupola del Vaticano all’alba sono la cornice del cupo finale di questo dramma.

 

Luisa Fezzardini, 11 novembre 2018