Questa pellicola animata giapponese, coinvolgente e straziante al massimo grado, ebbe un grande successo in patria, nonostante la poca o quasi nulla pubblicità che ricevette.

Fu sin dall’inizio un film assai controverso, a causa della storia in sé e della crudezza delle immagini. E’ allo stesso tempo una denuncia della guerra, un’elegia dell’infanzia negata, una tremenda cronaca del Giappone alle prese coi postumi della seconda guerra mondiale, e un delicato, struggente poema. Il regista e sceneggiatore Isao Takahata, cofondatore del famoso Studio Ghibli, dichiarò che dovette ripiegare su una pellicola di animazione perché nessuno era disposto a sovvenzionare un film convenzionale con un tema così difficile. Alla fine però, credo che il mezzo scelto, l’animazione, sia stato il più consono ad una materia così difficile.

lucc5Tratto da una storia autentica, il plot è basato su un lunghissimo flashback. Il film inizia nel settembre 1945, dove in una stazione della città di Kōbe un ragazzo muore di fame e stenti tra l’indifferenza dei passanti. Tutto ciò che possiede, una latta con dei frammenti di ossa, viene gettata via da un inserviente. A quel punto compare il fantasma di una bambina, presto raggiunto dal fantasma del ragazzo.

La narrazione si sposta quindi all’inizio della storia, quando Seito (il ragazzino) e la sorellina Setsuko fuggono in un rifugio antiaereo. Il padre è assente, perché sotto le armi. La mamma non c’è. Passata l’incursione, i due bambini ritrovano la loro città in fiamme.

lucc2

lucc7

lucc3Seito si mette in cerca della madre, che trova ricoverata e incosciente, completamente ustionata.

La crudissima scena in cui, per mancanza di cure adeguate, le ustioni della donna vanno in suppurazione e generano larve, è una delle tante che suscitò critiche per la sua troppa veridicità.

lucc12
I cadaveri venivano davvero cremati in massa, per cercare di evitare contagi. Erano troppi per poter procedere con cremazioni individuali, come avrebbe voluto il rito religioso shintoista. Un’altra delle scene che suscitò controversie.

lucc8Morta la madre, il resto del film narra la lunga odissea dei due bambini, che cercano di sopravvivere in ogni modo. La piccola Setsuko continua a chiedere della mamma, e tocca a Seito, appena più grandicello, cercare i mezzi per sostentare entrambi, venendo spesso malmenato anche in modo molto duro per i suoi furti di cibo.

lucc6

Tra mille vicissitudini, entrambi deperiscono in fretta per gli stenti e la mancanza di nutrimento. Durante una delle sue ricerche affannose di cibo, Seito apprende che il Giappone si è arreso incondizionatamente agli alleati, e che l’incrociatore dove era imbarcato il padre è stato affondato. Tornato dalla sorellina, si rende conto che è ormai allo stremo.

lucc1

La piccola muore infatti di lì a poco, e tocca a Seito cremarla e darle l’estremo addio circondato dalla danza delle lucciole. Il ragazzo raccoglie poi i pochi resti di Setsuko in una scatola di latta che porta con sé.

Seito, ormai solo, segue la sorellina di lì a poco, nella stazione da dove è iniziata la storia e dove cercava con l’elemosina di trovare qualche mezzo per vivere. Il film si conclude con la visione della Kōbe moderna, ormai una città piena di grattacieli.

lucc9Ma in cima a una collina, seduti su una panchina circondata dalle lucciole, i fantasmi dei due fratellini siedono ancora insieme, contemplando quella città che li ha respinti così crudelmente tanti anni prima.

lucc10Il regista offre un quadro squallido e crudo della società giapponese del dopo guerra: come tutte le nazioni attraversate dal conflitto, la lotta per la sopravvivenza ha preso il sopravvento, uccidendo qualsiasi sentimento di pietà e solidarietà umana. La scena finale, con la vista di una modernissima città, sembra ricordarci che il Giappone, così come tutto il resto del mondo, ha ricostruito il proprio benessere a spese dei più deboli e inermi, e questo è un atto di accusa preciso. Del resto, l’espediente di iniziare la storia con la morte del piccolo protagonista toglie allo spettatore ogni residua speranza in un finale positivo e ottimista.

lucc11Inutile dire che l’impatto emotivo sullo spettatore è notevole, a stento si possono trattenere le lacrime (io non ci sono riuscita). Ma di questo film restano molti messaggi importanti, non ultimo una lettura diversa della società giapponese, che la maggior parte di noi è abituata a considerare nella sua realtà contemporanea, spesso dimenticando il grave fardello di orrori che l’hanno attraversata.
A mitigare la crudezza della pellicola vi è la tenera grazia con cui sono ritratti i due bambini, che anche in una situazione così disperata cercano di ricostruire – purtroppo vanamente – una piccola oasi di innocenza infantile.

Per altri “Film disperati”, vai alla pagina Cinema.

Luisa Fezzardini, 8 agosto 2019