“Frankenstein” (James Whale, 1931) fu il film che fece entrare nella cultura popolare il mito del mostro artificiale creato dalla fantasia di Mary Shelley e che consacrò la fama dell’attore protagonista Boris Karloff.

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Sulla genesi della pellicola e le tante vicende umane e professionali che vi si incrociarono si potrebbe scrivere un libro. Voglio qua parlare solo del trucco che trasformava Karloff nel Mostro (difatti Frankenstein è il nome dello scienziato protagonista, mentre la sua creatura non ha un nome).

Jack Pierce era il capo del reparto trucco, e fu lui a creare l’aspetto del Mostro. La maschera facciale venne modellata sui lineamenti di Karloff.

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…il quale aveva una espressione forse un po’ tenebrosa, ma un viso del tutto regolare

L’osso frontale e l’arcata sopraccigliare del mostro furono ottenute con una cuffia realizzata attraverso la stratificazione di cotone e collodio; veniva poi data definizione alle sopracciglia e alle cicatrici dipingendole. Le ombreggiature enfatizzavano l’effetto chiaroscurale e un cerone verdastro dava un aspetto cadaverico al viso. Infine, venivano incollati i capelli.

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Era doloroso sottoporsi ogni giorno alla stessa procedura, soprattutto così vicino agli occhi, per il forte odore del collodio.

Secondo Karloff, in alcuni provini gli occhi del mostro erano troppo vivi, quindi Pierce creò pesanti palpebre di cera da applicare su quelle dell’attore così che quest’ultimo potesse aprire gli occhi solo parzialmente. Karloff arrivò persino a farsi togliere un ponte dentale per tirare in dentro la guancia, in modo tale da accentuare il suo aspetto mostruoso.

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Le due appendici  ai lati del collo, comunemente ritenute bulloni, sono in realtà elettrodi da cui il mostro doveva ricavare l’energia vitale. Le operazioni di make-up erano difficili e ogni giorno ci volevano più di tre ore per metterlo e altrettante per toglierlo.

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Oltre al trucco, Karloff doveva indossare un costume nero molto pesante. Le maniche della giacca vennero realizzate più corte per dare l’effetto ottico che la creatura avesse le braccia esageratamente lunghe.

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bootsGli stivali erano ingombranti e altrettanto pesanti e vennero realizzati in modo tale da far protendere in avanti il busto e influenzare la postura. In seguito, Karloff subì tre operazioni chirurgiche alla schiena e per il resto della vita soffrì per i danni fisici causati dalle enormi difficoltà affrontate nel girare questa pellicola.

Il successo esteriore del mostro fu totale, e la Universal, ancor oggi proprietaria dell’immagine, continua ad incassare i diritti d’autore per qualsiasi tipo di riproduzione (fumetti, serie televisive).

Un piccolo cameo…

Nello spassosissimo film “Arsenico e vecchi merletti”, una memorabile commedia del 1944 di Frank Capra, vi è un richiamo al “Frankenstein” del 1931. Il malcapitato protagonista Mortimer Brewster (Cary Grant), proprio il giorno del suo matrimonio, si trova nel mezzo di una situazione pazzesca a causa delle sue amabili zie (che hanno l’innocua mania di far fuori i loro affittuari), e del fratello Teddy (che crede di essere il presidente Roosevelt e seppellisce i cadaveri in cantina). Come se non bastasse, piomba in casa inaspettato il terzo fratello Jonathan, un pluriomicida ricercato dalla polizia, accompagnato dal suo complice e chirurgo di fiducia, il dottor Einstein (un impagabile Peter Lorre). Il dottore ha il non facile compito di cambiare faccia a Jonathan ad ogni delitto, per renderlo irriconoscibile. Purtroppo l’ultima faccia non è proprio azzeccata: il dottore ha appena visto “Frankenstein” al cinema, e ne è rimasto così impressionato da riprodurre le fattezze del Mostro sul viso di Jonathan, il quale dovrebbe invece cercare di passare il più possibile inosservato.

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da sinistra: Cary Grant (Mortimer Brewster), Raymond Massey (Jonathan Brewster), Peter Lorre (il dr. Einstein)

Boris Karloff in persona interpretava il personaggio nella commedia di Broadway (prendendo in effetti in giro se stesso…), ma non gli fu possibile partecipare alle riprese del film. Frank Capra lo sostituì quindi con Raymond Massey, truccato “alla Boris Karloff”.

Per altri articoli sul tema vedi la serie “Esseri artificiali” nella pagina Cinema

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tra le fonti: Wikipedia, Museo del Cinema di Torino

Luisa Fezzardini, 14 gennaio 2020