L’emergenza Covid-19 ha fatto passare sotto silenzio la morte del grande Max von Sydow, uno degli attori più intelligenti e poliedrici dello scorso secolo.
Svedese naturalizzato francese, von Sydow cavaliere lo era sul serio: venne infatti nominato Chevalier de la Légion d’Honneur nel 2012. Era di famiglia benestante, la madre era una baronessa, ma si staccò ben presto dall’ambiente familiare e dalle inevitabili aspettative ad esso correlate, per dedicarsi alla recitazione.
Fece molto teatro in Svezia, per poi approdare al cinema. Il ruolo in cui è più ricordato, l’iconico personaggio che lo rese famoso in tutto il mondo, è quello del cavaliere Antonius Block ne “Il Settimo Sigillo” di Ingmar Bergman (1957).
La trama è arci-nota: nell’Europa del nord del basso Medioevo, Block e il suo scudiero sono di ritorno da una crociata in Terra Santa. Il cavaliere trova ad attenderlo la Morte, visibile a lui soltanto. Invitando ad una partita a scacchi il suo soprannaturale antagonista, Block guadagna tempo: lo userà per tornare al suo castello e alla sua sposa, facendo sul percorso ogni tipo di incontri, in una terra flagellata dalla peste, dalla disperazione, ma anche da sprazzi di speranza e gioia di vivere. In questo film Bergman e i suoi personaggi si interrogano sul silenzio di Dio, sul senso della vita, e sul dopo-morte. Ad onta dell’argomento tutt’altro che leggero, la pellicola ottenne un enorme successo, che proiettò von Sydow sulla scena cinematografica internazionale.
Con Bergman, von Sydow girò in tutto 14 film. Per mio conto, amo ricordarne uno in particolare, “La fontana della vergine”, dove per la prima volta – a sorpresa – Bergman parve accettare l’idea dell’esistenza di Dio.
Dopo l’esperienza bergmaniana, von Sydow girò film molto diversi fra di loro, e in tutti portò il suo inimitabile stile: un misto di riservatezza e incisività, l’approccio di un uomo maturo e risolto, prima ancora che di un attore di pregio.
Nelle foto che seguono ricordo quelli dove mi è più piaciuto, non necessariamente quelli per i quali è più famoso. Ma sempre e comunque, nella mia mente rimarrà l’enigmatico, coraggioso Cavaliere che non ebbe paura di sfidare l’Eterna Nemica, per perdere alla fine, con onore, la partita e la vita.




Luisa Fezzardini, 12 marzo 2020
12 marzo 2020 at 15:18
Fezz …. scacco matto. Con Max Von Sydov scompare un immortale della storia del cinema. Già nell’esordio nel 57 aveva i lineamenti e i movimenti di un vecchio e poi via via è stato sempre più difficile dargli un’eta nei film che di volta in volta lo ringiovanivano od invecchiavano. Nel 2001 (ma tante volte anche prima) ha messo in scena la sua morte in “Non Ho Sonno” e poi dieci anni dopo era con Scorsese in Shutter Island …… e questo accadeva 10 anni fa. Forse un patto con la morte Bergman glielo aveva fatto fare veramente. Realtà e Recitazione che si fondono nell’epilogo più bergmaniano che ci sia.
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12 marzo 2020 at 17:26
Bello e atteso. Grazie. Del Settimo Sigillo mi colpisce la cornice di fede cattolica quando Bergman era di famiglia protestante con un padre pastore severissimo. Cosa che lo
segnato tanto visto che ogni film ha un richiamo religioso più o meno in primo piano, come Luci di Inverno. Comunque grande grande Von Sydow! Grazie
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