Sempre nell’ambito di pellicole dove una chiave compare nel titolo o è cruciale nel plot (per gli altri articoli vedi “Le chiavi del cinema” nella pagina Cinema) oggi vi parlo de

Il delitto perfetto (1954, “Dial M for Murder” di Alfred Hitchcock, con Grace Kelly e Ray Milland)

Pare che Hitch considerasse le chiavi un elemento degno di rappresentazione, dato che anche in Notorious (vedi il mio articolo) una chiave è al centro del plot.

Questo film ha diverse notevoli caratteristiche che vale la pena di citare. Prima di tutto, l’impianto teatrale: presi dalla trama, è facile non accorgersene, ma tutto il film è girato in pochissimi interni (l’appartamento, la centrale di polizia… il tribunale dove Margot viene giudicata e poi condannata non si vede del tutto, è solo suggerito dai primi piani della protagonista). In effetti, prima di essere portato sullo schermo, il dramma venne rappresentato sul palcoscenico sia in Gran Bretagna che a New York.

Inoltre, la vicenda si svolge a Londra: non sorprendente, visto che Hitchcok era britannico, e così Milland. Ma il film era destinato soprattutto al pubblico statunitense, al quale una ambientazione d’oltre-oceano, in interni quasi claustrofobici, dovette risultare sicuramente insolita.

Il triangolo amoroso, che pure sostiene la trama, è allo stesso tempo quasi secondario e ben poco sviluppato. La bella Margot (una fulgida Grace Kelly, una delle “Hitch’s blondes”) è sposata a Tony (un perfido e cinico Ray Milland, “vilain” a tutto tondo)…

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…ma ama Mark (Robert Cummings).

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Tony sa tutto ma, dato che senza i soldi di Margot la sua vita sarebbe ben grama, pensa bene di cogliere due piccioni con una fava, e di liberarsi della fedifraga ereditando i suoi beni.

Notare che senza il dettaglio (che lo spettatore ben conosce, ma non i due adulteri) che Tony è un delinquente che progetta di far fuori la moglie, in realtà i colpevoli, per la morale del tempo, sarebbero proprio loro, i due amanti segreti.

Comunque, Tony si dà da fare e architetta un piano (quasi) perfetto. Recluta un ex-compagno di università, un mezzo balordo in ristrettezze economiche (Anthony Dawson), e gli propone tout court di uccidere la moglie per denaro. All’inizio il candidato killer fa un po’ di scena da virtù oltraggiata, ma il vecchio dio denaro fa la sua parte e alla fine accetta.

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Solo che il piano perfetto, tanto perfetto non è. Margot reagisce e uccide il suo aggressore con un paio di forbici, provvidenzialmente a portata di mano.

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Sembra che “il delitto perfetto” sia fallito, ma il perfido Tony riesce a manipolare i fatti a favore del suo diabolico piano di perdere Margot, dando nel contempo di sè l’immagine di un marito ancora devoto, nonostante la palese colpevolezza della moglie.

Sembra che la bionda eroina sia irrimediabilmente condannata all’impiccagione (all’epoca ancora in vigore in Gran Bretagna), ma Tony non ha fatto i conti con due fattori vitali: l’amore di Mark, l’amante della moglie; e l’importuna diligenza dell’ispettore capo Hubbard di Scotland Yard, non del tutto convinto della colpevolezza della donna e di come si siano effettivamente svolti i fatti.

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Alla fine, sarà un complicato balletto di chiavi a scagionare la bella Margot e a inchiodare Tony.  Pur rendendo omaggio all’ingegnosità della trama, questa risente dell’epoca in cui è stata concepita: come lo stesso ispettore commenta “ah, queste chiavi di casa che si assomigliano tutte!”, il clou della faccenda sta nel fatto che: a) le chiavi di casa di Tony, Margot e del mancato killer sono pressoché identiche, e b) che tutti i protagonisti tenevano la chiave di casa sciolta in tasca o nella borsa.

Senza arrivare a sofisticazioni odierne, quali le chiavi digitali o gli ingressi con password vocale, sfido chiunque a non avere un portachiavi o un anello che raccolga almeno due o tre chiavi. Ma non importa, godiamoci la trama, l’impareggiabile regia del grande Hitch, ed una Grace Kelly che con la sua sola presenza illumina ogni fotogramma in cui appare.

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Luisa Fezzardini, 12 maggio 2020