Non è facile tradurre il termine “cool”. In effetti, ha sfumature diverse a seconda del contesto.

Viene talvolta tradotto con “forte!” (ad esempio: “Domani parto per la Patagonia, conto di starci almeno due anni” “Forte!”). Riferito a una persona, esprime un insieme di qualità. Ai tempi dei telefilm della serie “Happy days”, ambientati in una idilliaca provincia statunitense pre-Vietnam, Fonzie (Henry Winkler) era “cool”, ovvero  uno “giusto”, sicuro di sé, che sapeva sempre cosa fare e come cavarsela. La Paramount vendeva anche le spillette promozionali col motto.

Più genericamente, “being cool” identifica quella particolare caratteristica, molto tipica dei britannici, di essere sempre a proprio agio in qualsiasi circostanza. Non è precisamente la signorilità, anche se a volte vi si accompagna: è più quella sicurezza di sé, mista a indifferenza per il giudizio altrui, che rende un suddito di Sua Maestà disinvolto anche se gli capita di essere in bermuda ad un ricevimento dove sono tutti in frac. E ciò senza alcuno sforzo: non è un atteggiamento che richiede consapevolezza, o una posa. E’, né più né meno, un modo di essere.

scUna delle icone di questo termine è senza dubbio Sean Connery che, oltre  all’innata eleganza, ha sempre posseduto in massimo grado la capacità di essere “cool”. Come in queste belle foto scattate in un intervallo della lavorazione di “Goldfinger” (1964), una delle pellicole di James Bond che lo resero famoso.

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Luisa Fezzardini, 16 maggio 2020