(nella foto sopra: Cary Grant a Parigi nel 1956)

Unanimemente considerato un autentico gentleman, dentro e fuori dal set, Cary Grant (nome d’arte di Archibald Alexander Leach) iniziò la sua carriera in modo assai modesto, come attore di music-hall, funambolo e altri ruoli di intrattenimento popolare.

Nel precedente articoletto targato “Being cool” e dedicato a Sean Connery (questo il link) ho definito il termine come la prerogativa di essere sempre a proprio agio in qualsiasi circostanza: qualità tipica – ma non esclusiva – dei britannici. E anche in questo caso si parla di un attore inglese.

Trovò la sua fortuna a Hollywood, grazie al sua indiscutibile carisma e alla naturale signorilità che negli anni ne fecero una vera icona maschile di stile ed eleganza. Si dice che al suo ingresso le signore si toccavano i capelli per assicurarsi di essere in ordine e gli uomini si aggiustavano il nodo della cravatta.

Riservato per natura, non volle mai schierarsi per un partito politico o in favore o contro qualche causa: tuttavia, va a suo onore l’essersi espresso con decisione e senza mezzi termini contro le persecuzioni anti-comuniste del senatore McCarthy, e in un periodo in cui il clima da “caccia alle streghe” aveva ridotto all’acquiescenza la maggior parte degli attori, registi e produttori chiamati a far da delatori verso i loro colleghi.

Notevole nel registro comico (non posso non ricordare “Arsenico e vecchi merletti”…), la sua fama resta legata ai film che girò con Alfred Hitchcock, dove ebbe modo di dar prova del suo notevole talento e di una auto-ironia molto britannica: “Caccia al ladro”, “Il sospetto”, “Intrigo internazionale” e il bellissimo, ambiguo “Notorious” (su quest’ultimo, vedi il mio articolo)

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Luisa Fezzardini, 24 novembre 2020