nella foto: Roman Polanski e Sharon Tate
10050 Cielo Drive è tristemente famoso. A distanza di oltre cinquant’anni, l’eccidio avvenuto a quel fatale indirizzo, che ebbe eco internazionale, ancora popola le cronache nere dello scorso e del presente secolo.
Per spiegare cosa avvenne, occorre prima profilare gli assassini.
Si trattava della cosiddetta “Famiglia Manson”, in realtà tutt’altro che una famiglia. Non era nemmeno una setta, come spesso viene definita, ma una accozzaglia di un centinaio di persone, per la maggior parte giovani, per lo più ragazze, sbandate e dedite all’uso di allucinogeni. La definizione più calzante è forse quella di “comune hippie” ma nemmeno questa è davvero aderente alla realtà. Forse nemmeno i membri della comunità sapevano esattamente perché stavano insieme: molti (specie le ragazze) erano devoti al fondatore Charles Manson, ritenendolo il nuovo Messia e credevano ciecamente alle sue balorde, confuse profezie.

Le tragiche vicende che culminarono nell’eccidio di Cielo Drive iniziarono nel 1968, quando Dennis Wilson del gruppo “The Beach Boys” diede un passaggio a due giovani donne parte della “famiglia Manson” che stavano facendo l’autostop. Wilson portò le due ragazze a casa sua a Pacific Palisades e dopo aver fatto sesso con entrambe uscì lasciandole a dormire. Quando ritornò a casa trovò Charles Manson e altri dodici individui, per la maggior parte giovani donne, installati a casa sua. La cosa andò avanti per mesi e costò a Wilson oltre 100mila dollari per mantenere gli invasori e curarli dalle malattie veneree dalle quali praticamente tutti erano affetti, oltre a 21mila dollari di danni che il gruppo aveva causato alla sua Mercedes.
Non è del tutto chiaro perché Wilson si assoggettò a quella vera e propria invasione. Per una persona della sua notorietà non era certo un problema avere quante ragazze desiderasse, quindi non poteva essere quella la motivazione della sua passiva accettazione della situazione. Manson credeva di avere talento musicale, e Wilson cercò di inserirlo nel business, ma senza successo. Quando Wilson si rese conto della pericolosità effettiva di Manson e dei suoi accoliti, decise di andarsene lui da casa, senza però cacciare Manson, a suo dire per paura delle ritorsioni. Alla fine riuscì a mandarli via, ma solo quando Manson trovò un’altra sistemazione più favorevole, e non senza minacciare Wilson di vendetta.
Nell’agosto 1968 Manson e il suo gruppo si stabilirono allo Spahn Ranch, un ex set cinematografico ormai in disuso. Dopo di allora cambiarono sede altre volte, mettendosi regolarmente nei guai con la giustizia. Tra i suoi deliri profetici e la promiscua vita con la sua “famiglia”, Manson non aveva perso la speranza di sfondare nel mondo della musica. A un dato momento sperò che il produttore Terry Melcher (figlio di Doris Day) lo avrebbe finalmente introdotto nell’ambiente, ma fu una speranza di breve durata.

Decise quindi di andarlo a cercare, e lo fece proprio al 10050 di Cielo Drive, una proprietà dove effettivamente Melcher aveva in passato soggiornato con la partner di allora, l’attrice Candice Bergen, ma che all’epoca era stata affittata dal regista franco-polacco Roman Polanski, che era diventato un vera celebrità per il suo film “Rosemary’s Baby” (dove, guarda caso, si parla di possessione demoniaca). Polanski aveva da poco sposato a Londra l’attrice statunitense Sharon Tate, bella e disinvolta, una perfetta rappresentante della anti-convenzionalità che andava montando in quegli anni specie in Gran Bretagna, dove i due soggiornavano.
Dopo il matrimonio la coppia si trasferì a Los Angeles, entrando subito nel giro della Hollywood che allora contava. Entrambi presi dalle rispettive carriere, la casa di Cielo Drive era la loro base, dove la Tate decise di fermarsi una volta scoperto di essere incinta. Si trattava di una villa di media grandezza per gli standard locali, dove in passato avevano soggiornato anche Cary Grant e Henry Fonda. Quando il 23 marzo 1969 Manson, pensando di trovare Melcher, arrivò a quell’indirizzo, ci trovò l’attrice con il proprietario della casa, Rudi Altobelli, e venne così a sapere che Melcher non abitava più lì.
L’8 agosto 1969 la Tate, allora 26enne e ormai prossima al parto, si trovava in casa con tre amici. Il marito Roman, assente per lavoro, doveva rientrare il 12 agosto ed era stato lui a pregare i conoscenti di non lasciare sola la moglie in quei giorni critici. Manson, nonostante sapesse che il suo vero obiettivo non risiedeva più in quella casa, diede mandato a quattro dei suoi accoliti, un uomo e tre donne, di andare “in quella casa dove abitava Melcher” per “uccidere tutti i presenti, nella maniera più macabra possibile”.
Inutile riepilogare qui le modalità con cui i quattro sventurati vennero letteralmente macellati. Manson, non contento, prese parte personalmente ad un’altra sanguinosa spedizione appena due giorni dopo, infierendo sui coniugi Rosemary e Leno LaBianca, rapinati e assassinati in modo feroce.
Roman Polanski rientrò in tutta fretta, ma non potè fare altro che assistere alle esequie della sventurata moglie, che venne seppellita col figlio mai nato, Paul Richard, stretto fra le braccia.
Manson e molti membri della sua “famiglia” vennero arrestati nell’ottobre dello stesso anno e condannati a morte, sentenza poi commutata in ergastolo a causa dell’abolizione della pena capitale in California.

Il proprietario della casa, il produttore Rudi Altobelli, tornò ad abitare nella villa tre settimane dopo l’eccidio. Successivamente fece causa alla famiglia di Sharon Tate per 15mila dollari di danni alla proprietà (ovvero il sangue delle vittime che aveva sporcato e rovinato mobilio e suppellettili) e altri 30mila dollari perché a suo dire gli amici della Tate vivevano lì in violazione del contratto di locazione. Da notare che la villa di Cielo Drive all’epoca valeva solo poco più di 45mila dollari. Altobelli abitò nella casa per quasi vent’anni fino al 1988, apparentemente senza accusare problemi dal vivere in un luogo che era stato teatro di un evento così raccapricciante. Dichiarò anzi che in quella casa si sentiva “perfettamente sicuro”.
In seguito, e fino al 1993, vi abitò il musicista Trent Reznor dei Nine Inch Nails. Nel 1994 il proprietario Rudi Altobelli demolì la casa e ne fece edificare un’altra che chiamò Villa Bella con il nuovo indirizzo stradale di 10066 Cielo Drive. L’attuale proprietario della casa è il produttore di Hollywood Jeff Franklin.
“What if?”
Uno dei leit-motiv di quella grande fabbrica dei sogni (e a volte degli incubi) che è l’industria cinematografica è il “what if?”, cioè cosa sarebbe accaduto nella realtà se invece che questo fosse successo quest’altro, o Tizio avesse incontrato Caio invece di Sempronio. Un esempio per tutti è “Sliding Doors”, film non particolarmente valido ma che riscosse un certo successo, e che si fa ricordare giusto per lo sdoppiamento della storia, che si dipana diversamente a seconda se la protagonista riesce o no a salire sulla metropolitana un certo giorno.

È di questo filone un film del 2019 di Quentin Tarantino, “C’era una volta a… Hollywood” (Once Upon a Time in Hollywood). Personalmente, ho trovato straordinaria questa pellicola, di cui il regista tenne segretissima la sceneggiatura a tutti, compresi gli interpreti.
Senza entrare nei dettagli, la storia (incentrata su un attore che cerca di fare il salto dalla televisione al grande schermo, Leonardo Di Caprio, e la sua controfigura, Brad Pitt) si conclude proprio con l’eccidio di Cielo Drive, dove i due vivono proprio accanto alla villa dei Polanski. La vicenda si conclude però molto diversamente dalla realtà: in una scena piuttosto truculenta (proprio “alla Tarantino”) i due protagonisti fanno fuori gli assaltatori, e Sharon Tate e i suoi amici scampano alla terribile sorte che invece toccò loro nella vita reale. Il film non è incentrato esclusivamente sulla tremenda vicenda di Cielo Drive, ma per tutta la pellicola non si attende che quello, ovviamente. Nel frattempo, il genio di Tarantino e i bravi protagonisti (c’è anche Al Pacino in una parte secondaria) ci regalano un imperdibile spaccato della Hollywood di quegli anni.
Luisa Fezzardini, 7 luglio 2022
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